mercoledì 26 agosto 2009

Perchè si dice così?

Siete sicuri di conoscere il perchè di certe affermazioni di uso quotidiano? Posto una piccola guida che spero vi torni di qualche utilità.

-A caval donato non si guarda in bocca. Il proverbio significa che dei regali dobbiamo sempre essere grati, anche se di scarso valore; e si dice così perché l'età di un cavallo si giudica guardando lo stato della sua dentatura, già 'lo stato' e non il numero dei denti. Non lo sapeva quel ragazzotto di campagna che andò al mercato ad acquistare un cavallo, e poiché il padre gli aveva raccomandato di osservare bene i denti dell'animale, si indignò nei confronti del mercante dicendogli: "Mi volete imbrogliare! Vendermi un cavallo di quarant'anni!". Tanti infatti sono i denti del cavallo adulto... e il ragazzotto li aveva contati...

-Acqua in bocca. Il lessicografo Giacchi dà questa spiegazione. Si narra che una femminuccia, molto dedita alla maldicenza, ma anche devotissima, pregasse il suo confessore di darle un rimedio contro quel peccato. Il confessore insinuava conforti e preghiere, ma inutilmente. Un bel giorno diede alla donna una boccetta d'acqua del pozzo raccomandandole di tenerla sempre con sé e quando sentiva la voglia di 'sparlare' ne mettesse alcune gocce in bocca e ve le tenesse ben chiuse finché non fosse passata la tentazione. La donna così fece, e negli atti ripetuti trovò tanto vantaggio, che alla fine si liberò dal vizio dominante, e come fosse femmina di poco levatura tenne poi quell'acqua per miracolosa.

-Avere il mal del prete. Si adopera quest'espressione quando si viene a conoscenza di segreti che, naturalmente, non si possono rivelare a nessuno e si è tormentati come lo è il prete allorché viene a sapere di fatti delittuosi confidatigli in confessione. L'origine di questo modo di dire ­ forse poco conosciuto ­ ci è "raccontata" dal Poliziano in una ballata: "Donne mie, voi non sapete, / ch'io ho il mal ch'avea quel prete. / Fu un prete (questa è vera) / ch'avea morto el porcellino. / Ben sapete che una sera / Gliel rubò un contadino / Ch'era quivi suo vicino / (altri dice suo compare); / Poi s'andò a confessare / e contò del porco al prete. / El messere se ne voleva / Pur andare alla ragione: / Ma pensò che non poteva, / Ché l'avea in confessione. / Dicea poi tra le persone: / Oimè, ch'io ho un male, / ch'io non posso dire avale. / Et anch'io ho il mal del prete".

-Avere la coda di paglia. Un'antica favola racconta che una giovane volpe cadde disgraziatamente in una tagliola; riuscì a fuggire ma gran parte della coda rimase nella tagliola. Si sa che la bellezza delle volpi è tutta nella coda, e la poveretta si vergognava di farsi vedere con quel brutto mozzicone. Gli animali che la conoscevano ebbero pietà e le costruirono una coda di paglia. Tutti mantennero il segreto tranne un galletto che disse la cosa in confidenza a qualcuno e, di confidenza in confidenza, la cosa fu saputa dai padroni dei pollai, i quali accesero un po' di fuoco davanti ad ogni stia. La volpe, per paura di bruciarsi la coda, evitò di avvicinarsi alle stie. Si dice che uno ha la coda di paglia quando ha commesso qualche birbonata ed ha paura di essere scoperto.

-Calma e gesso! Questo non è propriamente un modo di dire ma un'esclamazione con la quale si invita una persona a non prendere delle decisioni affrettate delle quali, in futuro, potrebbe pentirsi; ma, al contrario, valutare con la massima attenzione una determinata situazione per affrontarla nel modo migliore e "goderne", eventualmente, i benefici. Gli appassionati del gioco del biliardo dovrebbero conoscerla bene. Prima di un tiro particolarmente difficile, i giocatori esperti valutano con la massima calma la posizione delle biglie e strofinano con il gesso la punta della stecca al fine di renderla "uniforme" ed essere sicuri, quindi, di riuscire ad effettuare al meglio il tiro studiato attentamente.

-Campa cavallo. Si racconta che un povero diavolo portava a mano un cavallo vecchio, stanco, sfinito, per una strada sassosa dove si vedeva appena, di quando in quando, un misero filuccio d'erba. Il cavallo stava per cadere, sopraffatto dalla fame e il padrone cercava d'incoraggiarlo dicendogli: "Non morire, cavallo mio, tira avanti ancora per un po'; campa finché crescerà l'erba e potrai sfamarti".

-Chi ha fatto trenta può fare trentuno. Papa Leone X, il 1º luglio 1517 creò trenta nuovi cardinali; poi gli parve che un altro prelato fosse pure degno di quell'onore e nomino cardinale anche lui. A coloro che si meravigliarono del fatto che il papa, che aveva deciso di fare trenta cardinali, ne avesse poi fatto uno di più, Leone X rispose "Chi ha fatto trenta può fare trentuno".

-Ciao. In passato esisteva il saluto deferente schiavo (per dire: 'servo suo'); poi, specialmente nella regione veneta, si abbreviò la parola in s-cio. In seguito si è trasformata in ciao. Ma il saluto, che prima era ossequioso, è diventato, invece, il più confidenziale. Fino a circa un secolo fa, la parola era usata solo nell'Italia settentrionale.

-Do ut des. Proverbio latino, che significa "do affinché tu dia". E' il proverbio degli egoisti.

-Essere al verde. Significa "essere a corto di denaro". Per molto tempo si è usato appaltare i servizi pubblici per mezzo di un'asta. Il banditore accendeva una candela la cui base era tinta di verde. Finché la candela non era arrivata al verde, era lecito fare offerte; dopo, non più.Secondo altra interpretazione, l'espressione si riferisce semplicemente al fatto che le candele avevano la base tinta di verde.

-Fare fiasco. Anticamente c'era a Firenze un artista comico che, ogni sera, si presentava tenendo fra le mani un oggetto nuovo; e su questo oggetto improvvisava versi buffi che facevano ridere il pubblico. Una sera si presentò con un fiasco, ma i versi non piacquero e ci fu un concerto di fischi. Da allora in poi si disse far fiasco per non riuscire in qualche cosa.

-Fare il portoghese. (Non pagare il biglietto). L'origine dell'espressione risale al secolo XVIII: l'ambasciata del Portogallo a Roma, per festeggiare un avvenimento, aveva indetto una recita al teatro Argentina per la quale non erano stati distribuiti i biglietti d'invito; bastava presentarsi come "portoghesi". (Dal Dizionario Enciclopedico Italiano).

-Fare la cresta sulla spesa. Anticamente si chiamava agresto un condimento asprigno che si ricavava dall'uva poco matura e i contadini, quando coglievano l'uva poco matura per far l'agresto, coglievano anche un po' di quella buona che avrebbero invece dovuto portare al padrone; e si diceva far l'agresto per indicare questa piccola ruberia. In seguito, far l'agresto è diventato far la cresta.

-Il capro espiatorio. Gli Ebrei avevano anticamente una strana usanza. Mosè aveva ordinato che ogni anno si celebrasse l'espiazione dei peccati. Nel giorno designato, il sommo sacerdote prendeva due capri: il primo veniva sgozzato e il sacerdote lo caricava, simbolicamente, di tutti i peccati suoi e del popolo; l'altro veniva mandato via perché si disperdesse nel deserto e non tornasse mai più. Il primo si chiamava capro espiatorio, il secondo capro emissario.

-La pietra dello scandalo. Al tempo dei Romani, quando un disgraziato commerciante falliva, doveva sedersi su una pietra e dir forte ai suoi creditori: Cedo bona ossia 'cedo i miei averi': Dopo ciò, i creditori non avevano più diritto di molestarlo. La pietra, testimone del fatto doloroso, si chiamava pietra dello scandalo.

-L'uovo di Colombo. Si racconta che dopo che Cristoforo Colombo scoprì l'America, ci furono tante persone che cercavano di sminuire la sua impresa dicendo che non era poi stato una gran che. Sembra che un giorno Cristoforo Colombo avesse attorno a sé parecchi di tali contestatori e domando loro:"Chi di voi è capace di fare star ritto un uovo?" Tutti ci provarono ma nessuno ci riuscì: Allora Colombo prese l'uovo, lo schiacciò da un lato e la cosa risultò facilissima...

-Lupus in fabula. Anche se adesso questo detto ha assunto una valenza un po' diversa, originariamente stava a significare l'arrivo di una persona che ci impedisce di parlare su un certo argomento. Questo perché nelle antiche favole si parlava sempre del lupo come di animale pericolosissimo; si diceva che la sua presenza togliesse la parola agli uomini, facendoli ammutolire dallo spavento.

-Mangiare la foglia. In origine l'espressione era "aver mangiato la foglia" con il significato di 'capire al volo'; intendere prontamente il senso del discorso; capire subito le intenzioni altrui. Fra le tante spiegazioni, quella che dà Ugo Enrico Paoli sembra la più convincente. Egli considera la foglia come un collettivo: più foglie che si fanno mangiare agli animali vaccini. Questi si dividono in due gruppi: i lattanti che prendono il nutrimento dalla poppa materna e le bestie adulte che hanno già cominciato a mangiare la ... foglia. Secondo il Paoli, quindi, il senso pratico del mondo contadino ha associato alla locuzione "aver mangiato la foglia" il concetto di saggezza.

-Per filo e per segno. Un tempo, gli imbianchini sul muro e i segantini sul legno usavano 'batter la corda', ossia tenevano sul muro o sul legno un filo intinto di una polvere colorata e poi lo lasciavano andare di colpo, in modo che ne rimanesse l'impronta. Tale impronta o segno indicava la linea da seguire nell'imbiancare o nel segare. Da lì è derivato l'uso di dire per filo e per segno per intendere 'ordinatamente, con sicura esattezza'.

-Piantare in asso. L'espressione non è altro che la deformazione popolare della locuzione "piantare (o lasciare) in Nasso", un'isola greca dove - secondo la mitologia - Teseo, il "giustiziere" del Minotauro, avrebbe abbandonato ("piantato") la sposa Arianna dopo che costei l'aveva aiutato a condurre in porto l'impresa con il suo celeberrimo "filo".

-Prendere una cantonata. Se chi guida un carro fa una curva troppo stretta, urta col mozzo della ruota contro l'angolo di una strada e può accadere un guaio. Perciò, prendere una cantonata in senso figurato significa commettere un errore, prendere un abbaglio.

-Tabula rasa. Si sa che gli antichi scrivevano su tavolette. Quando poi volevano usar di nuovo la tavoletta, facevano scomparire lo scritto precedente radendolo. Tabula rasa significava appunto la tavoletta da cui lo scritto era stato fatto scomparire.

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